La Commedia dell’Arte è una forma di teatro popolare nata in Italia nella metà del Cinquecento: siamo in un contesto di grande fermento culturale, il famoso Rinascimento. Intorno al 1545 a Padova si forma la prima compagnia teatrale professionale, la Compagnia dei Gelosi, che nelle sue esibizioni incorpora elementi della cultura popolare e della tradizione burlesca.
Cosa cambia rispetto al teatro precedente? Ci sono molti elementi che distinguono la Commedia dell’Arte dal modo classico di fare teatro; primi fra tutti l’improvvisazione e i personaggi fissi riconoscibili attraverso le maschere.
Inoltre la Commedia dell’Arte è itinerante: le compagnie si spostano da una città all’altra come troupe itineranti, spesso anche all’estero, portando spettacoli divertenti e facilmente comprensibili. Si esibiscono per strada, nelle piazze o durante le fiere. Il contatto diretto con il pubblico e la necessità di attirare l’attenzione stimolano la nascita di un teatro fisico, immediato e visivo, con ampio uso di mimo e acrobazie. Di questo e di molto altro voglio parlarvi nel corso di questo approfondimento.
Le caratteristiche della Commedia dell’Arte
Il termine “arte” non si riferisce al concetto moderno di “arte” ma al mestiere: arte intesa come abilità professionale. È infatti una commedia degli attori professionisti. Come vi dicevo prima, ci sono diversi elementi caratteristici:
- Improvvisazione su un canovaccio (trama essenziale)
- Maschere fisse e riconoscibili
- Tipi fissi: personaggi stereotipati con ruoli sociali ben definiti
- Lazzi: gag comiche, giochi fisici e verbali
- Lingua popolare e dialetti regionali
- Satira sociale e parodia dei costumi
Prima della Commedia dell’Arte, il teatro europeo è dominato da forme più statiche e colte, come il teatro religioso medievale e la commedia erudita rinascimentale ispirata ai modelli classici latini di Plauto e Terenzio. Queste rappresentazioni sono scritte, recitate in latino o italiano aulico e spesso poco accessibili al popolo. Per questo la Commedia dell’Arte inizia a diffondersi rapidamente, diventando un fenomeno culturale europeo tra il XVI e XVII secolo. Raggiunge il massimo splendore in Italia e poi si diffonde in Francia, Spagna, Inghilterra e persino in Russia. In Francia influenza profondamente Molière, mentre in Inghilterra plasma indirettamente il teatro elisabettiano.
Le fonti di ispirazione
La Commedia dell’Arte nasce dall’incontro fra tradizione popolare, cultura classica e spirito carnevalesco, trasformandosi in un teatro d’attore, fortemente fisico, visivo e improvvisato, capace di parlare a tutti. Ma da dove deriva precisamente?
La tradizione popolare medievale ha aperto la strada a questa nuova forma di teatro. Nel Medioevo troviamo giullari, buffoni e menestrelli, intrattenitori di piazza che raccontavano storie, facevano acrobazie, cantavano e imitavano tipi sociali. Mettevano in scena forme di teatro religioso o satirico che includevano personaggi semplici, dialoghi in volgare, scene comiche e ironiche, farse.
Anche Plauto e Terenzio, drammaturghi latini, usavano tipi fissi (come il servo furbo o il vecchio avaro) e trame basate su equivoci e scambi di persona.
La Commedia dell’Arte inoltre si ispira al Carnevale, un momento di rovesciamento dell’ordine sociale e di libertà espressiva con maschere, travestimenti, parodie, spirito giocoso, eccessivo e grottesco.
Elementi di ispirazione li ritroviamo anche nelle opere di Dante, come la caricatura di personaggi e la vivacità espressiva, in particolare nella rappresentazione dei peccatori.
I personaggi della Commedia dell’Arte
I personaggi sono maschere fisse, ciascuna con un proprio costume, linguaggio e funzione sociale. Tra i più celebri troviamo:
- Arlecchino: servo furbo e acrobatico, spesso ingenuo ma istintivo
- Pulcinella: napoletano, cinico, irriverente, portatore di saggezza popolare
- Pantalone: vecchio mercante veneziano, tirchio e geloso
- Zanni: servo goffo e sciocco, progenitore di Arlecchino
- Colombina: servetta intelligente e vivace, spesso innamorata
- Il Capitano: soldato spaccone e codardo, caricatura del militare
- Brighella: servo astuto e manipolatore, più scaltro di Arlecchino
- Il Dottore (Balanzone): bolognese, pedante, colto ma ridicolo
- La Ballerina: personaggio più tardo, spesso legato all’evoluzione musicale e coreografica della Commedia
- L’Innamorato e l’Innamorata: giovani belli, senza maschera, usano linguaggio aulico e sono al centro delle trame amorose
Le maschere non sono solo travestimenti: sono archetipi sociali e umani. Rappresentano vizi, mestieri, regioni d’Italia, classi sociali. Attraverso di esse si esprime una critica sociale ironica e immediata, comprensibile a tutti. Impersonano tipi fissi, cioè personaggi stereotipati, sempre uguali, con caratteristiche immutabili: il vecchio avaro, il servo furbo, l’innamorato goffo, il soldato fanfarone. Ogni attore della Commedia dell’Arte è specializzato in un tipo e lo interpreta per tutta la vita.
Come è strutturato lo spettacolo nella Commedia dell’Arte: canovaccio e lazzi
La struttura della Commedia dell’Arte si basa su due elementi fondamentali: il canovaccio e i lazzi.
Il canovaccio è lo scheletro della storia, una traccia scritta che contiene la suddivisione in scene, l’ordine degli eventi, i personaggi coinvolti. Non include i dialoghi, che sono invece lasciati all’improvvisazione degli attori. Ogni attore conosce il proprio personaggio e segue il canovaccio come guida, adattandosi anche alle reazioni del pubblico. Questo sistema richiede grande abilità e affiatamento tra i membri della compagnia.
All’interno del canovaccio troviamo i lazzi, che sono gag comiche, intermezzi fisici o verbali che interrompono l’azione principale per far ridere. Possono essere cadute, battute fulminanti, giochi di parole, acrobazie, balletti improvvisi, gag visive o sonore. Sono l’anima buffonesca della Commedia. Sono inserimenti comici improvvisati, veri e propri momenti di pausa dalla narrazione, che servono a far ridere, stupire o coinvolgere il pubblico. Non sono previsti dal canovaccio, ma ogni attore esperto ha un proprio repertorio personale, da usare nei momenti più adatti. A volte sono anche ripetuti di spettacolo in spettacolo, se particolarmente efficaci.
Goldoni e la riforma della Commedia dell’Arte
Goldoni riflette sulla Commedia dell’Arte nella sua opera Il Teatro comico (1750), una metacommedia in cui critica apertamente i limiti della tradizione mascherata e improvvisata. Vede infatti nella Commedia dell’Arte un teatro troppo legato all’improvvisazione e alla ripetizione dei soliti tipi. Lui vuole invece un teatro più realistico, con personaggi veri, dialoghi scritti e trame credibili.
Goldoni critica l’eccessiva improvvisazione, la banalità dei canovacci, la ripetitività dei personaggi e la mancanza di profondità psicologica. Di contro propone la sua Commedia dell’Arte. Si tratta di una forma di teatro di transizione: conserva l’umorismo e i temi popolari, ma elimina le maschere e i lazzi gratuiti. Utilizza copioni completi, abbandona i tipi fissi, introduce personaggi realistici, parlanti una lingua quotidiana.
Influenze sulla letteratura e sul teatro
Shakespeare fu influenzato dalla Commedia dell’Arte, soprattutto nei suoi personaggi comici e servitori astuti, come Puck (Sogno di una notte di mezza estate) o Falstaff. Inoltre, l’uso dei travestimenti, degli intrighi amorosi e dei duelli verbali richiama fortemente le dinamiche della Commedia italiana.
La Commedia dell’Arte vive ancora oggi attraverso le reinterpretazioni teatrali contemporanee (es. Giorgio Strehler, Dario Fo), i festival di teatro di strada, la commedia all’italiana nel cinema (Totò, Benigni), le serie e i film che utilizzano archetipi fissi e situazioni comiche (es. Fantozzi).
Come scrivere una storia in stile Commedia dell’Arte oggi
Abbiamo visto per scrivere una storia in stile Commedia dell’Arte è necessario pensare al canovaccio e ai lazzi. Ma dove trovare i personaggi? Ciò che più mi affascina della Commedia dell’Arte sono proprio loro, le maschere, le loro forme caratteriali uniche ma sorprendentemente familiari. Anche se i tempi sono cambiati, vediamo ancora oggi le stesse dinamiche che possono essere impiegate per scrivere una storia in stile Commedia dell’Arte: i giovani innamorati, l’erudito ridicolo, l’astuto che si arrangia. Le maschere, in fondo, raccontano verità senza tempo.
Si dice spesso che la Commedia dell’Arte stia morendo, relegata a nicchia teatrale. Ma per me è vero solo in parte. Essa è radicata nel nostro modo di recitare, raccontare, persino nel nostro cinema.
Pensiamo agli attori italiani: Totò, Alberto Sordi, Checco Zalone. Ognuno ha creato una propria maschera, e ha costruito la sua carriera attorno ad essa. In Italia è raro vedere attori comici cambiare completamente registro. Non solo per ragioni di mercato, ma perché culturalmente siamo figli di un’arte che ci ha insegnato che l’attore è la sua maschera.
La Commedia dell’Arte può ancora raccontare tanto, ma deve evolversi. Come fece Goldoni nel suo tempo, anche oggi possiamo adattare questa tradizione ai contesti moderni. Le nuove maschere non devono necessariamente indossare un travestimento: possono essere un influencer, un politico, un leone da tastiera. Il dottor Balanzone oggi potrebbe essere un opinionista da talk show; Pantalone, un CEO di una multinazionale. L’essere umano non è cambiato poi così tanto. Le maschere moderne vivono ancora tra noi.
Certo, l’improvvisazione pura della Commedia dell’Arte è sempre più rara. Oggi anche i migliori comici seguono un copione, anche se sanno far credere il contrario. Eppure, credo fermamente che ogni attore debba allenare la sua capacità di improvvisazione. È un muscolo creativo fondamentale, che si può coltivare anche da soli, lavorando sul canovaccio, sul gesto, sull’ascolto.
Il lavoro con la maschera è un percorso a sé. Dalla maschera dell’antica Grecia, pensata per amplificare la voce e distinguere i personaggi, alle maschere larvali – deformi, mute, ma potentissime per allenare il linguaggio del corpo – fino a quelle della Commedia dell’Arte, che lasciano scoperta la bocca ma obbligano l’attore a comunicare con precisione attraverso i movimenti. Ogni maschera insegna qualcosa di essenziale: come parlare con il corpo.
E in tutto questo, c’è una verità che per me non cambia mai: il teatro ha qualcosa che cinema e TV non avranno mai. Il pubblico vivo, presente, che respira con te. Coinvolgere il pubblico non è solo un trucco scenico: è un modo per tenerlo desto, per emozionarlo, per non farlo scivolare nella distrazione. Per questo credo che l’interazione diretta, l’abbattimento della quarta parete, siano strumenti preziosi e – oggi più che mai – vitali. Proprio per questo penso che sempre di più un attore debba coinvolgere il pubblico e, quando è necessario, abbattendo quella quarta parete.